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NUOVO DIPARTIMENTO AL MINISTERO DELL’ECONOMIA, UNA MOSSA GIUSTA MA FATTA PER LE RAGIONI SBAGLIATE

 

Il 4 settembre 2011, a quasi un mese esatto dal ricevimento della lettera firmata dal presidente uscente e da quello entrante della Bce (Jean Claude Trichet e Mario Draghi) che impose al governo italiano pesanti restrizione, Giulio Tremonti approfittò dell’ovattata atmosfera del forum Ambrosetti di Cernobbio per cominciare a picconare il liberismo di cui pure era stato in passato un estimatore. “In questo momento”, disse di fronte a quella platea che lo ascoltava un po’ attonita, “guardando a come sta cambiando il mondo, per il sistema italiano sarebbe meglio avere la grande Iri e la vecchia Mediobanca. La concorrenza, i rapporti economici, non sono più per campi nazionali, sono ormai tra blocchi di sistema, da continenti, non a caso la Germania è l’unico paese che riesce a parlare da gigante a giganti quali la Cina. Per noi, invece, è più difficile, avendo una quota minore di dimensione di grandi imprese…”.

UN INTERVENTO DA RILEGGERE

Un intervento che andrebbe riletto con attenzione visto che oggi, a 12 anni di distanza, il governo Meloni vuole riordinare quel che resta delle partecipazioni pubbliche creando un nuovo dipartimento al Ministero dell’Economia che abbia sotto di sé tre direzioni che si occupino di interventi finanziari in economia, partecipazioni societarie e tutela degli attivi strategici, ed infine valorizzazione del patrimonio pubblico. Tutto ciò fa pensare che non solo il tema del coordinamento della politica industriale e dell’intervento statale nell’economia sia stato rimesso in qualche modo sul tavolo, ma anche che il ruolo di Tremonti, nel frattempo tornato alla ribalta come deputato di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Affari Esteri della Camera, non debba essere stato ininfluente, visto che il candidato più autorevole alla direzione del nuovo dipartimento è Antonino Turicchi, che proprio Tremonti mise nel 2002 alla direzione generale di Cassa Depositi e Prestiti, per farla uscire dal perimetro della Pubblica Amministrazione e trasformarla nella longa manus del governo nelle acque perigliose del mercato.

IL PASSATO CHE RITORNA

In realtà è davvero difficile avere nostalgia del vecchio ministero delle Partecipazioni Statali (neanche in versione 4.0) con tutta la galassia che ad esso faceva riferimento (IRI, ENI, EGAM, EAGC, EAGAT, EFIM, EAMO…), per non parlare della Cassa per il Mezzogiorno e collegate varie, eppure non si può nemmeno dimenticare che agli articoli della Costituzione su lavoro e diritti delle imprese si è arrivati attraverso un lungo dibattito nella III sottocommissione della Costituente che collegò la libertà dell’iniziativa privata alla sua funzione sociale, di conseguenza anche l’intervento statale nell’economia per i padri costituenti non poteva che essere connesso all’idea stessa di Stato fissata nella legge fondamentale. Partendo da queste premesse non è forse un caso che negli anni seguenti seguirono la Ricostruzione e il Boom. Il problema è che poi vennero anche la lottizzazione e i panettoni di Stato, il crac Efim e tutte le altre tristi vicende che portarono alla crisi degli anni Novanta e alla stagione delle privatizzazioni. Percorso, quest’ultimo, quanto mai caotico e alla prova dei fatti per lo più non esaltante, visto che ogni cessione ha fatto storia a sé, senza alcuna visione comune, con il risultato, per esempio, che Telecom è passata dal nocciolino allo stallo attuale, transitando attraverso stagioni non certo vittoriose come quelle dei Capitani coraggiosi e di Tronchetti Provera, per non parlare di Autostrade, una storia finita nel peggiore dei modi sotto le macerie del ponte Morandi o di Alitalia, epitome di tutti i fallimenti per mancanza di progetto e visione strategica.

IL PERCORSO CAOTICO

Se guardiamo, quindi, a questo percorso caotico e contradditorio di svolte e contro-svolte la creazione del nuovo dipartimento al ministero dell’Economia non dovrebbe essere una cattiva notizia. Di una visione unitaria e di una strategia comune c’è bisogno come il pane e non solo per il patrimonio pubblico, il problema è che, per avere successo, come dimostra lo sviluppo economico del dopoguerra, l’intervento dello Stato funziona bene se c’è un’idea chiara di che Stato si vuole. E non sembra, purtroppo, questo il caso. La preoccupazione, semmai, è che la funzione principale di questo dipartimento sia soprattutto quella, accessoria, di compilare le liste per il rinnovo dei consigli di amministrazione delle partecipate pubbliche, tanto più che incombono i rinnovi dei vertici di Enel, Eni, Poste, Terna e Leonardo. Un modo, insomma, per affidare a mani amiche il dossier delle nomine, spostandone il baricentro da Via XX Settembre più verso Palazzo Chigi, ma se questo è l’obiettivo alla fine sarà solo l’ennesima furbata. Fare la cosa giusta per un motivo sbagliato non porta tanto lontano.

(Fonte: PA Magazine – Antonio Satta)

STATALI, UN PREMIO PER CHI FA I CORSI DI AGGIORNAMENTO. ZANGRILLO: «LA FORMAZIONE PESERÀ ANCHE SULLA CARRIERA»

SI INIZIA DA DIGITALE, CON LA CYBERSECURITY, E TRANSIZIONE ECOLOGICA. PIATTAFORMA ON LINE

 

Il governo prova a spingere sulla formazione dei dipendenti pubblici. La partecipazione ai corsi entrerà a far parte della valutazione individuale e peserà, dunque, sulla corresponsione dei premi. Non solo. Il raggiungimento degli obiettivi formativi conterà anche «ai fini delle progressioni professionali all’interno della stessa area e fra le aree e qualifiche diverse». La formazione, insomma, impatterà sulla carriera dei dipendenti pubblici. Il nuovo contratto prevede del resto, la possibilità di effettuare avanzamenti anche a prescindere dai titoli di studio. Dunque a pesare saranno soprattutto le attività di formazione. A stabilirlo è una bozza di direttiva che il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo invierà nei prossimi giorni a tutte le amministrazioni. La promozione della formazione dei dipendenti, inoltre, diventerà anche un obiettivo per la valutazione della performance dei dirigenti. Il testo, che Il Messaggero è in grado di anticipare, serve anche ad attuare uno degli obiettivi previsti dal Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per il 2023. Il Piano prevede infatti, che entro giugno del 2026 siano offerti corsi di formazione ad almeno 750 mila dipendenti pubblici, 350 mila dei quali delle amministrazioni centrali. Il Recovery plan, inoltre, stabilisce che almeno 525 mila di questi dipendenti (245 mila dei quali delle amministrazioni centrali) debbano completare con successo i corsi di formazione. 

La bozza di direttiva di Zangrillo prevede, confermando un obiettivo già definito anche dal precedente ministro, Renato Brunetta, che la formazione debba partire dalle competenze digitali. E questo anche per rafforzare le competenze in materia di sicurezza informatica del personale, soprattutto in considerazione del fatto che una fetta importante dei dei dipendenti pubblici continua ad operare da remoto utilizzando lo strumento dello smart working. Il Dipartimento della Funzione pubblica ha già lanciato una piattaforma di nome Syllabus, per la formazione digitale dei dipendenti pubblici. Tutti gli impiegati delle amministrazioni possono fare un test di accesso per valutare le proprie competenze digitali e poter accedere ad un corso on line per salire di livello. La direttiva prevede che, entro il prossimo 30 giugno, le amministrazioni che ancora non hanno aderito al progetto debbano registrarsi sulla piattaforma. Entro sei mesi dall’iscrizione a Syllabus, le amministrazioni devono erogare le attività di formazione digitale ad almeno il 30 per cento del personale. 

L’obiettivo, spiega la direttiva, è raggiungere un livello di padronanza delle competenze digitali superiore a quello di ingresso. Tuttavia, aggiunge il documento, ciascun dipendente può liberamente proseguire nel percorso di miglioramento fino ad arrivare ad un livello «avanzato». Dopo il primo step di quest’anno, le amministrazioni dovranno garantire l’adesione al progetto Syllabus del 50 per cento del personale entro il 31 dicembre del 2024 e di almeno il 75 per cento del personale entro il 31 dicembre del 2025. 

Oltre alle competenze digitali, ai dipendenti pubblici sarà chiesto di formarsi anche su un’altra materia considerata fondamentale: la transizione ecologica. Su questo tema, come già avvenuto per il digitale, dovrebbe essere lanciata a breve un’altra piattaforma formativa. L’offerta formativa, spiega il documento, sarà erogata dal Dipartimento della Funzione pubblica anche attraverso la Scuola nazionale per la Pubblica amministrazione (la Sna) e Formez Pa. Saranno messi a disposizione dei corsi da remoto attraverso Syllabus e altre piattaforme. Ma si andrà avanti anche su un altro progetto: Pa 110 e lode, una serie cioè di corsi di laurea a condizioni agevolate riservate ai dipendenti pubblici. 

L’OBIETTIVO

L’obiettivo finale rimane quello di un piano incisivo di formazione dei dipendenti pubblici. Nell’incontro con i sindacati di venerdì scorso, il ministro Zangrillo ha ricordato che oggi gli impiegati dello Stato fanno in media solo 1,2 giorni di formazione all’anno. Un dato del tutto insufficiente per una Pubblica amministrazione che deve affrontare sfide complesse come la rivoluzione digitale e la transizione ecologica.

«Qualsiasi organizzazione», spiega l’atto di indirizzo del ministro, «per essere in linea con i tempi e rispondere ai mutamenti culturali e tecnologici della società, deve investire sulle competenze attraverso una adeguata formazione del personale pubblico». Ma questa formazione negli ultimi anni non c’è stata e non è stata possibile anche per effetto, spiega sempre il documento, «della riduzione delle risorse finanziarie determinata dalla spending review». Anche la macchina formativa, dunque, deve ripartire. Il personale è invecchiato (l’età media supera i 50 anni) ed è poco formato. A chi entrerà nella Pubblica amministrazione (150 mila persone l’anno), va data una prospettiva di crescita professionale legata alle capacità e alla formazione. Che, spiega Zangrillo nella direttiva, dovrà diventare un «diritto soggettivo».

(Fonte: Il Messagero – di Andrea Bassi)

FLASH NEWS DEL 06.03.2023

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